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"Tell the chef, the beer is on me."
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(Sorry for the post in Italian - it is mainly meant for an Italian audience)
Ho avuto occasione di scrivere una breve nota tecnica per la consultazione pubblica AGCOM sullo "schema di regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative ai sensi del Decreto Legislativo 9 Aprile 2003, n. 70"
La riporto qui, ad uso di chi dovesse spiegare gli stessi temi a un'audience non tecnica.
In particolare ho ripreso e commentato (semplificandolo per i decisori non tecnici) il white-paper "Security and Other Technical Concerns Raised by the DNS Filtering Requirements in the PROTECT IP Bill", un documento pro veritate di maggio 2011 in cui 5 dei massimi esperti mondiali del sistema DNS (Steve Crocker, David Dagon, Dan Kaminsky, Danny McPherson e Paul Vixie) analizzano gli effetti negativi del filtraggio DNS.
Per questo non sconvolgetevi se rispiegherò in modo pedante alcuni termini ovvii o se userò delle semplificazioni brutali e delle analogie un po' banali.
PREMESSA TERMINOLOGICA
Per cominciare, vi è un errore di base nella definizione che l'Autorità usa per la c.d. “disabilitazione dell’accesso”, ovvero il fatto che il "sito internet" sia "univocamente identificato da uno o più nomi di dominio (DNS) o dagli indirizzi IP ad essi associati".
Innanzitutto è utile rammentare per i lettori meno tecnici che il concetto di “sito Internet” è una metafora che nasconde un meccanismo informatico dotato di una certa complessità. Accedere ad una “pagina web” significa scaricare, mediante un software denominato browser, un insieme di oggetti (file) che compongono una c.d. pagina ipertestuale. Lo scaricamento dei dati avviene utilizzando il protocollo applicativo HTTP, che si basa sul protocollo di trasporto TCP, nella famiglia di protocolli “appoggiati” sul protocollo Internet (IP).
Questo significa che alla nostra richiesta di accedere alla pagina “www.esempio.it/qualcosa.htm” corrisponde la necessità per il browser di stabilire una connessione con il server che ospita tale pagina, identificato dal nome simbolico “www.esempio.it”.
Questo nome simbolico può essere tradotto in un c.d. indirizzo IP (o risolto) mediante il protocollo di "risoluzione dei nomi" DNS. In altre parole, il protocollo DNS si occupa di tradurre il nome di dominio in un indirizzo IP, come se fosse un grande "elenco" dei server disponibili su Internet che hanno un nome simbolico. Il procollo TCP viene utilizzato per creare una connessione verso il server dotato di quell'indirizzo IP, e utilizzando HTTP a tale server viene richiesto di inviare i contenuti che descrivono la pagina web.
È fondamentale aggiungere che ad un singolo nome simbolico (nell'esempio precedente, "www.esempio.it") possono corrispondere più indirizzi IP differenti ("copie" alternative del server in questione), e sopratutto che a molti nomi simbolici diversi può corrispondere un singolo indirizzo IP (un singolo server).
Per questo la definizione originaria è errata. Il "sito internet" non è che una metafora per l'accesso a una specifica pagina web (o a voler complicare le cose, ad un insieme di pagine web - un ipertesto - gestito da un unico soggetto). Tale pagina è ospitata su uno (o più) server, dotato/i di un proprio indirizzo IP.
Tuttavia, tale/i server possono ospitare un'infinità di altri "siti internet". Anche la corrispondenza tra "sito internet" e "nome di dominio" non è corretta, giacché un singolo nome di dominio potrebbe ospitare moltissimi siti Internet. Per fare un esempio pratico, qualsiasi utente del provider Libero ha a disposizione un sito personale con indirizzo "http://digilander.libero.it/nickname", dove al posto di "nickname" compare lo pseudonimo dell'utente stesso. È evidente che ognuno di questi spazi sarà un sito internet a parte (ad esempio http://digilander.libero.it/pippo sarà un sito separato da http://digilander.libero.it/paperino), anche se tutti condividono lo stesso nome simbolico ("digilander.libero.it") e lo stesso gruppo di indirizzi IP corrispondenti a tale nome simbolico.
Volendo usare una metafora esemplificativa, un nome simbolico corrisponde ad un grande palazzo con molti appartamenti (i singoli siti o pagine Internet), mentre l'indirizzo IP è come il numero civico: un palazzo potrebbe avere più ingressi a civici diversi, oppure lo stesso numero civico potrebbe essere usato per molti palazzi differenti. Nessuno suggerirebbe di eseguire il sequestro di un appartamento sigillando il palazzo che lo contiene, né tantomeno avrebbe senso sigillare il singolo numero civico. Ognuna delle due misure avrebbe effetti avversi e colpirebbe un gran numero di persone innocenti.
Per riassumere: un sito Internet non è affatto "univocamente definito" dal nome di dominio associato, né tantomeno dagli indirizzi IP associati. Si tratta di relazioni uno-a-molti che possono andare in entrambi i sensi, e quindi tutt'altro che "univoche".
SULLE MANIPOLAZIONI DEL SISTEMA DNS
A parte l'errore di base sulle definizioni, l'intervento di manipolazione sul sistema DNS è univocamente avversato dalla comunità tecnico-scientifica e ingegneristica che ha progettato e mantiene i protocolli della rete Internet. Tali sistemi sono, al contempo, impossibili da mantenere nel medio-lungo termine in quanto incompatibili con le evoluzioni dei protocolli, notoriamente inefficaci anche nel breve termine, e potenzialmente dannosi, come riassunto nel white-paper.
Nell'articolo viene sottolineato come nel medio-lungo termine sia prevista l'adozione globale del protocollo DNSSEC. Tale protocollo, semplificando, serve per garantire che la risposta DNS ricevuta dal computer dell'utente sia integra, firmata digitalmente e autenticata dal proprietario del nome simbolico in questione. All'interno di DNSSEC, non è possibile né inviare una risoluzione "diversa" da quella corretta (come sarebbe necessario per ottemperare alla possibilità di ridirigere il traffico, richiesta dallo schema di regolamento), né rispondere che il dominio è inesistente. Di fatto, l'unica possibilità sarebbe quella di non rispondere del tutto – creando di fatto una degradazione del servizio e violando i protocolli di rete.
Tuttavia, l'articolo dimostra come i filtri sul DNS siano inefficaci anche nell'immediato, dal momento che possono essere evasi facilmente in una molteplicità di modi (ad esempio cambiando il server DNS utilizzato e scegliendone uno extra-territoriale, oppure utilizzando un servizio di VPN come quelli utilizzati dai cittadini di paesi non democratici per evitare i filtri censori applicati dalle autorità locali). Pertanto, tali sistemi di inibizione dell'accesso hanno una resistenza bassissima e sono inefficaci anche a breve termine.
Questo ci porta alla discussione degli effetti dannosi del filtraggio DNS, sia in presenza del futuro standard DNSSEC sia nelle condizioni attuali. Cominciamo dal ripetere l'ovvia considerazione in premessa: dal momento che un nome di dominio non corrisponde univocamente a un contenuto illecito, né ad un sito Internet, il filtraggio DNS inevitabilmente risulterà nell'inibizione d'accesso a molti contenuti di diversi gestori, eccedendo ampiamente la proporzionalità nella risposta alla violazione.
Oltre a questo significativo problema, il tentativo degli utenti di oltrepassare i filtri avrebbe effetti deleteri sul sistema DNS nel suo complesso. L'architettura DNS è fatta per essere distribuita, e sospingere gli utenti ad utilizzare un server DNS diverso da quello che sarebbe più naturale per il loro accesso ad Internet crea numerosi effetti collaterali; ad esempio, tutti i meccanismi basati sul DNS che i provider Internet usano per identificare problematiche di sicurezza e per migliorare la qualità d'accesso alla rete non funzionerebbero più correttamente. Un ultimo effetto è più difficile da cogliere, ma assolutamente fondamentale: il meccanismo del DNS si basa sul concetto di universalità dei nomi a dominio, ovvero che la risoluzione di un nome sia la stessa, a meno di transitori fenomeni di disallineamento, da qualunque punto della rete. Questo è una sorta di assunto, che designer di protocolli e applicazioni danno e daranno per scontato. Richiedere la manipolazione del DNS rompe questo assunto, con effetti impredicibili per le applicazioni che vi fanno affidamento.
CONCLUSIONI
In conclusione, premesso che è totalmente erroneo dire che il "sito internet" sia "univocamente identificato da uno o più nomi di dominio (DNS) o dagli indirizzi IP ad essi associati", l'idea di manipolare il sistema DNS per bloccare l'accesso a contenuti illegittimi per qualsivoglia ragione è tecnicamente eccessiva, inefficace e pericolosa al tempo stesso.
È eccessiva perché l'intervento sul DNS non può essere mirato ad un singolo contenuto ma anzi sicuramente coinvolgerà una grande quantità di materiale innocente, potenzialmente gestito da molteplici soggetti estranei alle vicende per cui l'intervento è posto in opera.
È inefficace nel medio-lungo periodo in quanto contrasta con l'adozione del protocollo DNSSEC, cruciale per la stabilità e la sicurezza globale di Internet e quindi destinato ad essere adottato nei prossimi mesi/anni. Tuttavia, è inefficace persino nel breve periodo, in quanto gli utenti possono facilmente oltrepassarla. Nel fare ciò, gli utenti causeranno effetti deleteri sia sul sistema DNS nel suo complesso, sia sull'uso che i provider fanno dei dati del DNS per migliorare la sicurezza e la qualità d'accesso alla rete.
Pertanto, è tecnicamente di tutta evidenza che un intervento di blocco a livello del DNS sia tecnicamente inefficace, brutalmente eccessivo, e potenzialmente dannoso.
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